Un nome, una domanda. Perché?
Perché dare a una collezione il nome Diamond? Perché, pensi ingenua, sarà sulla stessa linea d'onda della collezione limited edition di Le Silla, tutta sandali e decollté tempestati di Swarovski! *_*
Col cavolo.
Tu clicchi sul link della pagina di Selfridges tutta speranzosa di trovarti davanti a chissà cosa e ti ritrovi invece davanti 4 sandali, 2 zeppe e 2 flat degni di Zalando. E poco importa se ci sono gli Swarovski.
Di tutti i modelli presenti, tutti con nomi tra l'altro assurdi (Dfastlane, Ddotem, Dextrano e via orripilando), solo uno risalta per essere quanto meno un pochino originale (ma non per questo bello): il sandalo Dswagger (vai così, Stuart, associa nomi impronunciabili a scarpe inguardabili, vedrai come vendi):
Si commenta da sé: il tacco, su cui si focalizza inevitabilmente l'attenzione, rende brutto e sgraziato questo sandalo. Non basta ricoprirlo di cristalli per renderlo quantomeno gradevole: la forma fa sembrare il sandalo una sedia pieghevole, immaginatelo con un piede infilato dentro... e poi, perché non ricoprirlo tutto di cristalli, perché fermarsi sotto il tallone? Sembra pure incompleto. La punta così tondeggiante poi è orrenda e impreziosirla con gli Swarovski è stato un errore: essendo corta, le dita ci finiranno in parte sopra, con conseguente fastidio per le dita medesime, oltre a non aver centrato l'effetto che si voleva ottenere. Vorrei proprio sapere chi mai butterà £485,00 per questo rigurgito dei tristi anni '90...
Dalle stelle alle stalle: Stuart è passato dal realizzare splendide calzature con diamanti veri a realizzare brutte calzature con diamanti virtuali. Sembrano infatti lontani i tempi in cui creava il mitico sandalo con cinturino gioiello tempestato di diamanti (veri quelli) e tanzanite al proibitivo costo di 2 milioni di dollari: